giovedì 24 settembre 2015

Impressionami.

Buonasera lettori!
La settimana scorsa ci eravamo lasciati con un articolo un po' particolare, insolito.
Questa volta rientriamo un pochino di più nei canoni dell'arte e parliamo delle impressioni.
Fondamentalmente non è qualcosa di oggettivo, anzi.
"Impressionante". Un bell'aggettivo.
"Impressionante". Lo utilizziamo quando siamo senza parole, quando non serve aggiungere altro. Tutto viene detto dal silenzio. Parla da sé.

Monet decise che anche i suoi quadri dovevano lasciare le persone impressionate. Da qui nasce l'Impressionismo, una corrente artistica nata nel 1874 da un gruppo di artisti che desiderava mostrare cosa volesse dire "sentirsi liberi". La tela diveniva un album in cui riporre delle sensazioni, delle impressioni. Una sorta di fotografia, una voglia di ricordare.
Ricordare, attraverso dei quadri, delle giornate, dei sorrisi, dei baci che vengono rubati al tempo. Vengono rubati e impressi, per sempre.
Claude Monet cominciò in questo salone colmo di menti e, poi, continuò da solo. Tant'è vero che famosa fu una delle sue affermazioni in merito al suo lavoro: "Ho sempre lavorato meglio in solitudine e secondo le mie sole impressioni".
Impressione. Soffice anche nel suono, molto fluida come parola, inconsueta. L'impressione non comprende solo il cervello, ma anche il corpo. Te la porti dentro, te la senti addosso. La vedi correre e lasciare brividi, sensazioni.
Le sensazioni legate ad un ricordo, legate ad un posto, legate ad una persona.
Le impressioni che si intrecciano a queste, che si fondono, che ci fottono.
Sono comunque legate a cose passate. Ad attimi che, probabilmente, non rivivremo mai più. Tuttavia ci accompagnano e questo era l'intento di Monet.
Voleva che le sue venissero portate avanti. Voleva che scindessero dal tempo, dall'epoca, dal suo paese. Voleva che diventassero anche un po' nostre, in un qualsivoglia modo.
Una delle sue produzioni più famose fu quella delle "Ninfee". Comprende un vasto numero di quadri, addirittura più di 70 tele in cui vengono proposte le ninfee del suo giardino.
Gli ricordavano sua moglie, sempre intenta nel curarle. Gli ricordavano suo figlio, morto troppo giovane, fin troppo giovane.
Le ritraeva a qualsiasi ora del giorno. Una tela dopo l'altra. Come se dipingere fosse l'unico modo di mantenere impresso il ricordo di qualcuno che, effettivamente, se n'è andato. Per sempre.
Era il suo modo di sentire le mani di sua moglie carezzargli il corpo.
Era il suo modo di vedere suo figlio varcare la porta di casa.
Erano sensazioni che manteneva vive con la pittura. Anche se non ne fu mai pienamente soddisfatto.
Si sentiva indietro rispetto all'effettiva impressione, come se non riuscisse mai a raggiungerla. Ed è per questo che finita una tela, ne cominciava un'altra. Ininterrottamente.


Ninfee, 1920. Pennellate veloci compongono questo quadro. Toni di blu, giallo e rosso cercano di colorarlo. Di rimarcare dei tempi andati, di ricordare. Sicuramente non qualcosa di bello, sennò i colori sarebbero stati palesemente più chiari, accesi. Erano mancanze. Erano lacrime. Era la notte che, si sa, appartiene ai poeti innamorati, agli ubriachi e a chi manca qualcosa. E a chi manca qualcuno, più probabilmente.
Ognuno di noi pensa a ciò che è stato, a come sarebbe stato se...ognuno di noi ha le sue ninfee notturne a cui, certe notti, si lega. E ognuno di noi vuole e cerca un modo per mantenere vive le sue sensazioni, le sue impressioni.

Anche le sigarette possono diventare raccoglitori di ricordi legati ad un passato ormai scolorito.
Già anche il fumo può farsi carico di questi sassolini che ci teniamo dentro. Anche questo vizio mortale ha la capacità di farci sentire vivi, dieci minuti.
Ho classificato tutte le sigarette che ho assaggiato.
Ho analizzato la prima impressione. Il sapore del tabacco. Il modo di disegnare sul filtro. Ogni sigaretta mi lascia qualcosa, o meglio, risveglia una sensazione messa a tacere, forse per troppo tempo.
Le Marlboro Light mi hanno sempre dato l'idea di chi desidera un'avventura di una sola notte.
Le Camel Blue di chi lancia un sospiro. Lo butta fuori. Affida al fumo un ricordo di cui non vuole avere memoria.
Le Winston Blue sono di chi si sente stretto. Ha voglia di libertà.
Le Marlboro Rosse sono di chi ha bisogno di emozioni forti o di ricordare una forte emozione.
Anche le sigarette.

Anche la musica, le canzoni dedicate e quelle che mai dedicheremo. Ogni cosa, se si presta bene attenzione, lascia o risveglia qualcosa dentro di noi. Ci rimanda indietro di anni o di secondi. Ci incastra in passati sopiti, ci fa sperare in futuri del tutto incerti.
L'impressionismo si basava sul far nascere nell'osservatore una sensazione che, forse, per troppo tempo era stata taciuta. Rischiava di venir dimenticata e, citando Baricco:

"Avviene spesso che la gente si dimentichi di me. Lei non lo faccia:"

Ed è forse questa una delle paure più grandi ed inconsce: essere dimenticati. Monet voleva restare impresso. Monet voleva che si parlasse di lui anche dopo. Monet voleva impressionare. 
Monet è stato ed è impressionante.


Ci lasciamo qui, sperando di aver lasciato anche sta volta, qualcosa di bello sotto ai vostri occhi. 


Silvia Bottero, Claudia della Monica.


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