martedì 29 settembre 2015

Ci vediamo a Murmansk. (pt.2)

Da quel giorno al Bistrot ne passarono alcuni, uno dietro l’altro, e durante ognuno di questi, il libro rimase sempre un punto fisso nella mia mente, tra i miei pensieri; un po’ per l’incontro assurdo; un po’ perché non riuscivo a riprenderlo in mano per capirci qualcosa. E la cosa mi mandava ai matti.
Tuttavia quando finalmente, dopo circa una settimana, ebbi occasione di ritagliare un po’ di spazio solamente per me e lui, capii che molto probabilmente, da quell’istante, la fatica più grande l’avrei fatta per staccare gli occhi da quelle pagine.
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Il livello di suicidi nell’esercito russo è altissimo.
Molti deboli muoiono di malattie che avrebbero potuto essere curate.
Molti “scompaiono”: partono per la leva e non se ne sa più niente.
Molti non ce la fanno. Ma io si. Ce l’ho fatta. E insieme a chi ce la fa con me, e prima, e dopo me, io, e loro, siamo l’orgoglio e la forza di questa nazione.
Il mio nome è Irek Aleksandr Volkov. Marinaio della flotta del Nord. Comandante del sottomarino TK-20. Classe Akula.
Attualmente sono di stanza nel golfo di Kolsk. Presso Murmansk. Dopo tre mesi in mare, siamo sbarcati da una settimana.
Murmansk.
La nostra “porta sull’Artico” è una giovanissima città di pescatori e marinai di 200.000 abitanti. Circa.
All’inizio, nel 1916, quando venne costruita dal nulla, fu dotata di un bacino navale di dimensioni colossali.
Ma non bastavano gli uomini, non bastavano le braccia, e soprattutto non bastavano i pescatori.
La mancanza venne colmata in breve tempo:  ogni sabato mattina all’alba, un nostromo e 3 marinai al seguito venivano spediti, con tanto di carretto, per le bettole a ‘’prelevarne’’ alcuni ospiti. 
Caricavano quegl’uomini come sacchi di patate, e con ‘alcuni’, intendo tutti coloro che avevano alzato il gomito la sera prima. Li buttavano sui pescherecci e dopo avergli fatto passare la sbronza li mettevano a lavorare. Medico? Ti svegliavi ed eri diventato un pescatore. Punto.
La principale fornitrice di tali “collaboratori” era Shangai. Tant’è che uno quartieri della città all’inizio era abitato da cinesi. Per quanto possa sembrare strano, i primi abitanti di Murmansk furono proprio loro.
Commerciavano il samogon, una vodka di bassa qualità fatta in casa, atta a scaldare gli animi dei neo pescatori, e la chanzha, vodka anch'essa ma di origine cinese; in poco tempo, vodka e gioco d’azzardo trasformarono il giovane e robusto porticciolo in una Cape Town oltre l’Artico.
Ma cinesi e mignotte o meno, Murmansk era nata sostanzialmente dalla guerra e per la guerra.
Durante la prima guerra mondiale avevamo disperatamente necessità di rifornimenti: l’unica soluzione era costruire un porto nel Golfo di Kolsk e una ferrovia che ci arrivasse da San Pietroburgo. La ferrovia fu costruita in un anno dai prigionieri tedeschi e austriaci, dai profughi dei governatorati occidentali e dai cinesi. E Murmansk si riempì rapidamente d’abitanti. E di soldati.
Vicino Murmansk ha sede la base della flotta del Nord, la Severomorsk, e le basi dei sottomarini atomici. Direttamente entro il perimetro della città invece, si trova la base dei rompighiaccio atomici e una stazione elettrica nucleare. Qui tutto è nucleare.
La prima volta che salpai da qui, passai la notte precedente la mia partenza, l’ultima della mia licenza,  in un locale dove un vecchio ubriaco mi impresse a fuoco nella memoria le parole che, adesso, ogni volta che torno, sento riecheggiare nella mia testa: ‘’Murmansk è la bettola russa del mare di Barents col culo su un focolaio pronto a scoppiare al minimo urto. E questo perché il mare non ghiaccia mai.’’.  Si fermò per bere, e sbattè il palmo della mano indignato. Io lo guardavo e basta.
‘’Non mi guardare così ragazzo! Non fissarmi così. So quel che dico. Il mare non ghiaccia mai qui, no?! sai cosa vuol dire questo, ragazzo mio?! Questo è il motivo per cui hanno messo tutta questa merda radioattiva nel mio mare. Fai finta di niente e muori lentamente. Io anche faccio finta di niente. E morirò. Nasciamo segnati. Ma io darei la vita per questo posto proprio come te. Per questo mare avvelenato che non ghiaccia mai.’’ Fece un’altra pausa e abbassò la voce stringendo gli occhi. Sembrò volesse continuare. Ma rimase zitto, e io gli feci compagnia nel suo silenzio.
Ogni volta che torno qui, ripenso a quelle parole. Alla faccia di quell’uomo. A quella che poteva invece essere stata la mia, di faccia, mentre parlava. Ogni volta mi ripeto ‘’ Nasciamo segnati. Ma moriremmo tutti per questo mare. Per questo nostro paese.’’.  ogni volta ripenso a quello che è successo.
K-141 kursk, classe Nato Oscar II
La mattina dopo, mentre il mio cervello combatteva col marchio che quel vecchio aveva impiantato in me, ricordo che tre quarti di quello che sarebbe stato il mio equipaggio era rimasto nel bacino navale per seguire o eseguire in prima persona i lavori di manutenzione del nostro sottomarino. Ma per quel che ne sapevo, dire che si trattava di una creazione perfetta era poco. Non aveva nessun problema. Nessun difetto. Gennadij Ljachin era un ottimo comandante.  E io mi sarei imbarcato per la prima volta come ufficiale di rotta. A bordo del sottomarino nucleare migliore degli ultimi 20anni. Il K-141.

Il Kursk.


- Alessandra Bartolomei

giovedì 24 settembre 2015

Impressionami.

Buonasera lettori!
La settimana scorsa ci eravamo lasciati con un articolo un po' particolare, insolito.
Questa volta rientriamo un pochino di più nei canoni dell'arte e parliamo delle impressioni.
Fondamentalmente non è qualcosa di oggettivo, anzi.
"Impressionante". Un bell'aggettivo.
"Impressionante". Lo utilizziamo quando siamo senza parole, quando non serve aggiungere altro. Tutto viene detto dal silenzio. Parla da sé.

Monet decise che anche i suoi quadri dovevano lasciare le persone impressionate. Da qui nasce l'Impressionismo, una corrente artistica nata nel 1874 da un gruppo di artisti che desiderava mostrare cosa volesse dire "sentirsi liberi". La tela diveniva un album in cui riporre delle sensazioni, delle impressioni. Una sorta di fotografia, una voglia di ricordare.
Ricordare, attraverso dei quadri, delle giornate, dei sorrisi, dei baci che vengono rubati al tempo. Vengono rubati e impressi, per sempre.
Claude Monet cominciò in questo salone colmo di menti e, poi, continuò da solo. Tant'è vero che famosa fu una delle sue affermazioni in merito al suo lavoro: "Ho sempre lavorato meglio in solitudine e secondo le mie sole impressioni".
Impressione. Soffice anche nel suono, molto fluida come parola, inconsueta. L'impressione non comprende solo il cervello, ma anche il corpo. Te la porti dentro, te la senti addosso. La vedi correre e lasciare brividi, sensazioni.
Le sensazioni legate ad un ricordo, legate ad un posto, legate ad una persona.
Le impressioni che si intrecciano a queste, che si fondono, che ci fottono.
Sono comunque legate a cose passate. Ad attimi che, probabilmente, non rivivremo mai più. Tuttavia ci accompagnano e questo era l'intento di Monet.
Voleva che le sue venissero portate avanti. Voleva che scindessero dal tempo, dall'epoca, dal suo paese. Voleva che diventassero anche un po' nostre, in un qualsivoglia modo.
Una delle sue produzioni più famose fu quella delle "Ninfee". Comprende un vasto numero di quadri, addirittura più di 70 tele in cui vengono proposte le ninfee del suo giardino.
Gli ricordavano sua moglie, sempre intenta nel curarle. Gli ricordavano suo figlio, morto troppo giovane, fin troppo giovane.
Le ritraeva a qualsiasi ora del giorno. Una tela dopo l'altra. Come se dipingere fosse l'unico modo di mantenere impresso il ricordo di qualcuno che, effettivamente, se n'è andato. Per sempre.
Era il suo modo di sentire le mani di sua moglie carezzargli il corpo.
Era il suo modo di vedere suo figlio varcare la porta di casa.
Erano sensazioni che manteneva vive con la pittura. Anche se non ne fu mai pienamente soddisfatto.
Si sentiva indietro rispetto all'effettiva impressione, come se non riuscisse mai a raggiungerla. Ed è per questo che finita una tela, ne cominciava un'altra. Ininterrottamente.


Ninfee, 1920. Pennellate veloci compongono questo quadro. Toni di blu, giallo e rosso cercano di colorarlo. Di rimarcare dei tempi andati, di ricordare. Sicuramente non qualcosa di bello, sennò i colori sarebbero stati palesemente più chiari, accesi. Erano mancanze. Erano lacrime. Era la notte che, si sa, appartiene ai poeti innamorati, agli ubriachi e a chi manca qualcosa. E a chi manca qualcuno, più probabilmente.
Ognuno di noi pensa a ciò che è stato, a come sarebbe stato se...ognuno di noi ha le sue ninfee notturne a cui, certe notti, si lega. E ognuno di noi vuole e cerca un modo per mantenere vive le sue sensazioni, le sue impressioni.

Anche le sigarette possono diventare raccoglitori di ricordi legati ad un passato ormai scolorito.
Già anche il fumo può farsi carico di questi sassolini che ci teniamo dentro. Anche questo vizio mortale ha la capacità di farci sentire vivi, dieci minuti.
Ho classificato tutte le sigarette che ho assaggiato.
Ho analizzato la prima impressione. Il sapore del tabacco. Il modo di disegnare sul filtro. Ogni sigaretta mi lascia qualcosa, o meglio, risveglia una sensazione messa a tacere, forse per troppo tempo.
Le Marlboro Light mi hanno sempre dato l'idea di chi desidera un'avventura di una sola notte.
Le Camel Blue di chi lancia un sospiro. Lo butta fuori. Affida al fumo un ricordo di cui non vuole avere memoria.
Le Winston Blue sono di chi si sente stretto. Ha voglia di libertà.
Le Marlboro Rosse sono di chi ha bisogno di emozioni forti o di ricordare una forte emozione.
Anche le sigarette.

Anche la musica, le canzoni dedicate e quelle che mai dedicheremo. Ogni cosa, se si presta bene attenzione, lascia o risveglia qualcosa dentro di noi. Ci rimanda indietro di anni o di secondi. Ci incastra in passati sopiti, ci fa sperare in futuri del tutto incerti.
L'impressionismo si basava sul far nascere nell'osservatore una sensazione che, forse, per troppo tempo era stata taciuta. Rischiava di venir dimenticata e, citando Baricco:

"Avviene spesso che la gente si dimentichi di me. Lei non lo faccia:"

Ed è forse questa una delle paure più grandi ed inconsce: essere dimenticati. Monet voleva restare impresso. Monet voleva che si parlasse di lui anche dopo. Monet voleva impressionare. 
Monet è stato ed è impressionante.


Ci lasciamo qui, sperando di aver lasciato anche sta volta, qualcosa di bello sotto ai vostri occhi. 


Silvia Bottero, Claudia della Monica.


mercoledì 23 settembre 2015

Bosco di notte, Djuna Barnes - Recensione

La trama si apre con una serata da salotto nel Café de la Mairie du VI°, dove Felix, un giovane ragazzo ebreo ossessionato dalla sopravvivenza del nome di famiglia e dalla riscossione del rispetto dovuto ad un onorevole albero genealogico che lo porta a presentarsi convintamente come barone, viene introdotto alla presenza di O' Connor; questi, che null'altro è che un travestito di professione ginecologo abortista ancora fuori dall'albo medico, è, tuttavia, la boa attorno cui ruotano le vicende iniziali. Del resto, è proprio O'connor a condurre Felix nella camera del Récamier, dove Robin Vote giace svenuta; ed è grazie al continuo intervento del ''dottore'' che Felix e Robin si sposano. 
A matrimonio fatto, non molto dopo, la loro vita, travagliatamente per lei e felicemente per lui, viene segnata dalla nascita di un figlio.
E' proprio in questo momento che Robin scappa,sopraffatta dal rifiuto per il figlio e un sentimento di soffocamento provocato dal suo nuovo ruolo di madre. Successivamente si scoprirà che questo bambino è affetto da un lieve ritardo mentale, simbolicamente frutto d'un amore malato, quello tra lei e Felix, che le aveva dato solamente dispiaceri e paranoie.
Durante la sua 'fuga' che la porta negli Stati Uniti(anche se nelle lettere alla Coleman, la Barnes sottolinea lo stato soporoso di Robin che si concretizzava in un primo ipotetico battesimo del libro sotto il titolo de 'la sonnambula') Robin s'imbatte in Nora con cui intraprende una relazione, che per un periodo almeno, sembra averle dato la stabilità che le mancava. 
Quando si trasferiscono a Parigi, però, la storia è un'altra.
Robin riprende il suo andare, seguita saltuariamente da Nora, di bar in bar, fino al suo incontro con Jenny.
Sedotta dalla nuova conoscenza, Robin la segue e torna con lei negli Stati Uniti.


Nota personale:
Djuna Barnes
andando al di là della grande capacità di descrizione di una scabrosa parentesi della tanto beneamata, acclamata, belle èpoque parigina: la Barnes rientra senza molti dubbi in una stretta cerchia di autori non meglio individuata che nel termine di 'indecifrati''. di certo, non da me.
questo romanzo, a mio parere, tradotto eccellentemente da Donini per Bompiani, rientra sicuramente nelle grandi scoperte che la letteratura mondiale possa vantare.
Ma l'ermetismo di cui tanto circondiamo la Barnes, dipende da una reale difficoltà di comprensione testuale o piuttosto dalla difficoltà di comprensione di lettori bigotti?
il tesoro di questo romanzo sta nella capacità di trattazione di tematiche sociali che la Barnes e pochi altri hanno avuto. E forse è proprio per questo che va letto.
Ritengo rientri tra i libri che dovrebbero trovarsi sui nostri scaffali, insomma?!

No, penso che dovrebbe trovarsi direttamente tra le nostre mani.


- Alessandra Bartolomei

lunedì 21 settembre 2015

Top 10 dei registi da seguire

Ecco a voi la lista di coloro che a mio parere grazie al loro stile innovativo e alla loro creatività sono riusciti e continuano a dare un’importante contributo nella storia del cinema.
10.Federico Fellini
Esponente del Neorealismo , fu uno dei registi più visionari della storia del cinema. Dei suoi capolavori consiglio : La Dolcevita , Fellini , Satirycon e La Strada.
9.Lars Von Trier
Fondatore del movimento cinematografico Dogma 95 , costituito da un numero esiguo di registi ambasciatori di una campagna Anti-Hollywood . Lars Von Trier è uno dei registi più ambiziosi e innovativi della cinematografia moderna. Una personalità controversa , affascinata dalle varie sfaccettature del Male , un atteggiamento di ribellione nei confronti della religione da sempre considerata come un’antagonista di qualsiasi forma d’arte. Consiglio : Antichrist , Melancholia e Dogville.
8.Martin Scorsese
Considerato come uno dei più importanti registi della storia del cinema , Scorsese è un’artista capace di indagare e trattare temi delicati come la perdita dell’innocenza , l’ossessione per il potere o la redenzione. Ogni suo film è l’inizio di un viaggio psichedelico , pronto a portare a galla qualsiasi tipo di pulsione . Da vedere assolutamente : Taxi Driver , Quei Bravi Ragazzi , Shutter Island e Toro Scatenato.
7.Tim Burton
Un regista che ha saputo creare con il tema delle diversità un vero e proprio genere. Egli è riuscito a delineare una nicchia caratterizzata da universi visionari e fantastici , un mondo apparentemente minaccioso , ma che si rivela essere contraddistinto da una sensibilità e malinconia tipica di Burton. Ciò che fa amare al pubblico le storie di Tim Burton , è il senso di immedesimazione , ogni storia racconta momenti che tutti almeno una volta abbiamo provato : come la perdita di una persona cara , la solitudine o la sensazione di incomunicabilità dei sentimenti umani. Di questo regista consiglio: Edward Mani di Forbice , Nightmare Before Christmas , Big Fish e La Sposa Cadavere.
6. Michael Moore
Definitosi sempre come un ‘’monello e un provocatore’’ , Michael Moore è divenuto celebre grazie ai suoi documentari – denuncia . Un americano , fiero di esserlo, ma sempre pronto a schierarsi dalla parte dei cittadini oppressi da un governo capace solo di ignorare il volere del popolo .I documentari che consiglio : Bowling a Columbine e Fahrenheit 9/11.
5.Quentin Tarantino
Soprannominato come il Re degli eccessi , il cinema di Tarantino si contraddistingue per il suo eccentrico stile , un misto tra gli anni 70 e i giorni nostri . Armato di immaginazione , Tarantino riesce a ricreare in ogni suo film un universo permeato di crudeltà portato all’eccesso. Tuttavia questo mondo alieno a qualsiasi sentimento riesce ad accendere nell’animo dello spettatore un senso di partecipazione , il desiderio di prender parte a questo mondo delirante contrassegnato da situazioni grottesche , permeate da una violenza artificiosa. Consiglio: Kill Bill ( Volume I/II/III ), Pulp Fiction e Assassini Nati.
4.Woody Allen
Regista originale , ironico , creativo , abile nel costruire ottime commedie , capace di oltrepassare lo schermo e arrivare direttamente allo spettatore. Consiglio di Allen : Blue Jasmine , Io e Annie , Basta che Funzioni e Vicky Cristina e Barcellona.
3.Alfred Hitchcock
Geniale sotto ogni prospettiva artistica , dalla regia alle musiche al montaggio delle scene . Un uomo definito come il più grande maestro del brivido , artista capace di scavare nella psiche umana. Tre film che consiglio sono:  Psycho , Gli Uccelli e La Finestra sul Cortile.
2.Hayao Miyazaki
Uno dei più grandi registi d’animazione al modo . Al centro delle sue opere ci sono temi come l’amicizia , l’antimilitarismo. Protagonista di ogni sua pellicola la tradizione giapponese.Consiglio: La Principessa Monoke , La città Incantata e Il Castello errante di Howl .
1.Stanley Kubrick


Personaggio eclettico , geniale , abile a trattare e dirigere qualsiasi genere. Regista che ha saputo trasformare il cinema in una vera e propria arte . Consiglio: Arancia Meccanica , Full Metal Jacket , Shining e Il Dottor Stranamore.


- Maria Torromeo

domenica 20 settembre 2015

Ci vediamo a Murmansk.

Ansia. È la parola giusta. Gli studi dei medici di base mettono ansia. Almeno a me. Ma seriamente. la scena era ridicola e allucinante.  Soprattutto dato che mi trovavo lì solo perchè mi avevano chiesto di andarci. Beh, insomma. Dopo il "buongiorno" da studio medico che ci scambiammo, soppesai, non so perchè quell'incamiciata da cui mi divideva la scrivania. Anche quella da studio medico.  
La donna che mi stava di fronte aveva studiato per anni medicina per poi arrivare a chiedere a me "Mi dica, riposa bene?". Lo trovai vagamente triste. E probabilmente feci una faccia davvero comica mentre pensavo a questo. O forse il sorriso che mi rivolse era più di forma che la dissimulazione di un'espressione annoiata. Ci riflettei un po' prima di risponderle ad ogni modo: mi succedeva da un po' di tempo a questa parte di dormire poco. Per qualche giorno. Da qualche mese. Di qualche anno fa. Succedeva a me sia chiaro. Ma non soltanto a me, no?!
Le risposi soppesando le tapparelle da studio medico: "A dirle la verità non mi ricordo l'ultima volta che ho dormito davvero tanto e abbastanza profondamente da riposare del tutto. Ma altrettanto vero è che il sonno leggero non ha ricadute d'alcun tipo sulla mia vita.".
Anche il suo "Temo che questo non possa essere possibile, non crede?!" Fu da studio medico. Neutro. Insinuante. Faceva venire i dubbi esistenziali sul possibile cancro che avevi contratto la sera precedente sbattendo il mignolo del piede contro l'angolo del comodino.
Ecco. Maledizione ai 'non crede'. Se avevo appena detto il contrario evidentemente no, non credevo. E se secondo lei avrei dovuto invece crederlo, beh, mi risultava difficile comunque. Ma immagino che tutti la pensino come me se dico che contraddire un dottore è come avere la nausea e cercare di non vomitare mentre qualcuno sventola davanti al tuo naso un crispy mc bacon.
Me ne andai poco dopo, senza aver concluso nulla e con un'ora e mezza di mattinata buttata lì, per uscire con un foglietto in mano dove la prescrizione indica perentoria l'uso di valeriana. E a me perentoriamente le cose non vanno dette. La prescrizione diventò uno straordinario aeroplanino in pochi secondi e volò per la prima ed ultima volta fin nel cestino.
In ogni caso la cosa interessante successe dopo, ma se non avessi odiato per tre minuti e mezzo quel foglietto con tutte cose illeggibili sopra, al Bistrot non ci sarei andata.
Il Bistrot è un locale niente male, il caffè è buono (seriamente), la sala carina, la musica piacevole, il bancone da bar nascosto dietro una libreria che fa da muro divisorio tra le due zone. Nella mia testa funziona che chi vuole stare in compagnia sta nella sala, chi ha voglia di star solo invece, si siede al bancone.
Quando ci sono andata, c'ero solo io al bancone. E poi quel libro. O almeno pensavo che lo fosse. Gli mancava la copertina, la rilegatura a nudo come una modella della Dior in tv.
Quando s'incontra qualcuno di sconosciuto al bancone di un bar, ci giurerei, è sicuro non si parli granchè. Coi libri è diverso. Intanto di solito non li si incontra al bancone, nemmeno al Bistrot. Se ne stanno fermi sui loro scaffali.
Lui, invece, lì, in qualche modo, c'era arrivato.
E del resto, poi, aveva parecchia voglia di raccontare qualcosa, nonostante fosse piuttosto malconcio. Curiosa io o affascinante lui, lo tirai giù dal bancone e me lo aprii tra le le mani.
Fu allora che lessi il titolo, in seconda pagina. E non capii per quale strano motivo, uno avrebbe dovuto incontrarsi in un posto come Murmansk.

- Alessandra Bartolomei

venerdì 18 settembre 2015

A far l'amore con...

“Le sue mani sulle mie nudità disegnavano uno dei quadri più belli che avessi mai visto.” 

Un artista non è tale se non riesce a trasformare l'atto sessuale in arte. 
Amare forte qualcuno, amarlo al punto di voler sfiorare il suo corpo e memorizzare tutti quei punti, pallidi, che rabbrividiscono al tocco. 
Amare ancora, non averne abbastanza, volerne sempre di più. 
Stringere, lasciare, carezzare, respirare affannosamente e perdere le parole nei baci. 
Ripercorrere lo stesso corpo più e più volte. Ricordarselo. 
Un neo, una voglia. La voglia di possedersi. 
Di sentirsi al proprio posto, di posare la testa sul petto e sentire il tempo scandito da battiti irregolari di un cuore innamorato. 
Grandi artisti, grandi amanti. 
Keats faceva l'amore in un letto completamente bianco. Keats era fluidità di corpi intrecciati. 
Goethe piangeva. 
Amava sempre troppo. 
Passionale, violento quanto basta, desideroso di amore forte. Piangeva Goethe. 
Van Gogh faceva l'amore in un letto giallo. Almeno lì doveva trovarsi questa maledetta felicità. 
Almeno lì qualcosa doveva riempirlo. 
Almeno lì. 
Kierkegaard faceva l'amore e lasciava tocchi malinconici sul corpo della sua donna. Kierkegaard amava ad occhi tristi. 
Kierkegaard amava con la consapevolezza che sarebbe stata distruzione assicurata. 
Schopenhauer non amava. Schopenhauer occupava tempo. Schopenhauer aveva amato troppo per amare ancora. 
Picasso era diretto. Picasso era pittore. Picasso stringeva la donna dove erano le sue imperfezioni. Picasso amava gli errori. 
Picasso amava coloro che si trascinavano dentro una languida nostalgia. 
Monet faceva l'amore su un letto di ninfee, ogni volta ad un'ora diversa. Con un diverso sentimento. Con una diversa intensità. Con la stessa persona amata. Monet amava piano. Monet amava la delicatezza dell'essere. Monet voleva impressioni da esprimere poi con l'arte. 
Klimt voleva amarle tutte. Klimt amava l'atto. Klimt amava l'amore. Passionale, deciso. Dritto al sodo. Klimt voleva vederle godere, e le amava. Le amava tanto. E aspettava qualcuno che lo amasse così, per l'artista disperato che era. Per il testardo senza scampo. 
Magritte ha sempre aspettato. 
Aspettando si è ridotto ad un amore platonico. Ama l'idea. Sente nostalgia di due corpi uniti. Sente la voglia di non sapere dove inizi e finisca l'altra persona. 
Magritte aspetta. Magritte si è perso in un immaginazione. 
Joyce fa l'amore parlandoti. Joyce ti stringe e sussurra alle tue orecchie tutto ciò che senti, come fossi tu a bisbigliare, affannosamente. 
Joyce lo sa. 
Schiele ride di chi ama, ma ama forte. Schiele cerca nell'amore la rivincita contro la morte. Ma anche quella è 'fare l'amore', anche quella porta all'amore. Amore e morte. Schiele e l'amore. Corri Schiele. 
Ama Schiele. 

Sono solo fantasie. Mi piace immaginare come sia fare l'amore con personaggi simili. Reietti. 
Mi piace pensare al differente modo di porre le loro mani sul mio corpo.
Chi ci scriverebbe poesie, chi ci farebbe un quadro. 
Diversi modi di amare, la stessa voglia di farlo. Ancora. 
Ancora.


Non so se siate stati felici di leggere un articolo così, un po' fuori dal normale. Tuttavia ci tenevo a condividere ciò in voi. 
Alla prossima! 

-Silvia Bottero, Claudia della Monica 

venerdì 11 settembre 2015

Cinque quadri, cinque sensazioni

Buonasera lettori! 
Come state? Alcune di noi si son concesse una vacanza, ma ciò non implica che non ci sia da lavorare! 
Cinque quadri, cinque sensazioni differenti che possono nascere.

•Espressionismo: “L'urlo” - E. Munch




Straziante. Ecco come descriverei questo quadro. Assolutamente silenzioso, assolutamente frastornante. Il volto privo di qualsiasi accenno vitale, il corpo che si contorce. Un dolore che nasce da dentro ed è troppo forte per essere tenuto ancora. Quante volte, quanti giorni, quante notti ci siamo sentiti così? 
Munch denuncia una sofferenza insita nel suo cuore che gli impedisce di andare avanti. Lo fa sentire bloccato in un esistenza limitata. 
E l'unico modo per eliminarlo è urlare, urlare più che si può. 
E non esce nulla. 
E si tace. 
Tace. 

•Puntinismo: “Becco d'oca” - G. Seurat






Prendiamo un bel respiro. Fuori tutto. Onnipotenza. 
Siamo liberi. Liberi di essere. 
Qualsiasi cosa passa, quando saliamo su questo scoglio. 
Siamo noi, siamo potenti. Un delirio d'onnipotenza che cresce piano, sale fino ai capelli. Scende lungo il corpo. 
Liberi, per oggi. 
Non facciamoci portare via questa sensazione. 

•Surrealismo: “The palace of courtains 3” - R. Magritte 





Confinando il cielo, confiniamo noi stessi. 
Disillusione. Rassegnazione. La sensazione che non ci sarà un risvolto positivo. 
La voglia di trovare una piccola speranza. 
"Ciel" scritto in corsivo. Così delicato, così innocente. Si fa strada tra le volgarità del mondo. 
Abbiamo bisogno di sperare, di credere che prima o poi qualcosa cambi. 
Abbiamo bisogno di credere che oltre quel confine ci sia qualcosa. 
Che il cielo non sia limitato da 'c' e 'o'. Che si svincoli, che si risvegli, che riscopra se stesso. 
Abbiamo bisogno di andare oltre, in qualsiasi modo. 

•Metafisica: “Canto d'Amore” - G. De Chirico





Solitudine. Estremo bisogno di affetto. La voglia di farsi sentire, di comunicare silenziosamente. L'amore si muove piano, l'amore non conosce rumore. L'amore è mancanza di paure. L'amore è un canto. 
La statua lo sta pronunciando. De Chirico lo sta ricordando. De Chirico ricorda che spesso i nostri amori ce li cantiamo in solitudine. De Chirico ci sta ricordando che tutto è armonia: non a caso la statua ricorda le sculture greche. I greci ritenevano che l'amore fosse un'armonia dell'insieme, quindi arte. 
E se l'amore è arte, un canto d'amore può essere solo un quadro. 

•Optical art: “Le metamorfosi” - Escher 





Tutto cambia, eppure qualcosa resta. 
Una sostanza. 
La certezza che una base ci sia. La volontà di scoprire. La sofferenza della trasformazione. 
Maturità. 
Capacità di saper affrontare al meglio i problemi della vita. 
Escher diede la lettura di tutti i suoi quadri. 
Escher dettò le sue regole, in modo da non avere variazioni. 
Escher era e così doveva essere. 
Vivete senza paura. Vivete e dettate voi le regole. 
Vivete e accettate i cambiamenti, trovate strade, battetele voi, createle. 
Crescete. 



È un articolo un po' diverso, ma forse cambiare aiuta. 
Un forte abbraccio da Silvia e Claudia, come sempre. 


Silvia Bottero, Claudia della Monica

martedì 8 settembre 2015

Gli ultimi 5 anni di Sanremo.

Ciao ragazzi! Oggi vi voglio parlare di un famoso festival della musica italiana, diciamo il più famoso dai: il Festival di Sanremo! Parleremo dei vincitori degli ultimi 5 anni, delle

canzoni e dei vari artisti.

- Anno 2010:
Vincitore: Valerio Scanu, che aveva vinto l'anno prima ad 'Amici'.
Vince con una canzone che sarebbe meglio chiamare motivetto, cioè 'Per tutte le volte che...'.
Con parole strane e abbastanza banali e con una melodia orecchiabile, è una canzone che è entrata immediatamente in testa agli Italiani.
 https://www.youtube.com/watch?v=A8qPSrUojxI
Secondi classificati: Pupo, Filiberto e Canonici con 'Italia amore mio'.
Terzo calssificato: Marco Mengoni con 'Credimi ancora'.


- Anno 2011:
Vincitore: Roberto Vecchioni.
Grande poeta, più che cantante. Vince con la canzone 'Chiamami ancora amore', la quale ha un testo toccante e bellissimo. Azzarderei a dire una delle canzoni d'amore più belle che siano state composte.
https://www.youtube.com/watch?v=_Eo_5aiwGHo
Secondi classificati: Emma e Modà con 'Arriverà'.
Terzo classificato: Al Bano con 'Amanda è libera'.

- Anno 2012:
Vincitrice: Emma Marrone, che anche lei aveva vinto l'anno prima ad 'Amici'.
Emma Marrona vince con 'Non è l'inferno', canzone che parla della situazione passata ed anche odierna dell'italia. Testo azzeccatissimo e melodia avvincente, il tutto accompagnato da una voce molto calda e particolare.
https://www.youtube.com/watch?v=pMzNxA81qmE
Seconda classificata: Arisa con 'La notte'.
Terza classificata: Noemi, 'Sono solo parole'.

- Anno 2013:
Vincitore: Marco Mengoni con 'L'essenziale'.
https://www.youtube.com/watch?v=unRjK82bDLw
Canzone tutt'ora molto famosa, sia grazie ad il testo che alla melodia.
Secondo calssificato: Elio e le storie tese con 'La canzone monotona'.
Terzi classificati: 'Se si potesse non morire', Modà.

- Anno 2014:
Vincitrice: Arisa.
Vince 'Controvento', canzone diversa dalle solite canzoni d'amore, insolita, e grazie alla voce particolare e bellissima di Arisa la canzone è piacevolissima da ascoltare.
https://www.youtube.com/watch?v=wPrKYs2iDKQ
Secondi classificati: Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots con 'Liberi o no'.
Terzo classificato: Renzo Rubino con 'Ora'.

- Anno 2015:
Vincitori: 'Il volo'.
Vincono questi tre giovani cantanti, finti lirici, con la canzone 'Grande amore'. Oltre ad un testo carino, purtroppo non trovo nulla di bello in questa canzone, nè la melodia, nè la voce di questi tre ragazzi.
https://www.youtube.com/watch?v=w1f6o1HQBvg
Secondo classificato: Nek con 'Fatti avanti amore'.
Terza classificata: Malika Ayane con 'Adesso è quì'.

Spero di alleviarvi la serata mentre ascoltate queste canzoni, e se c'è qualcosa che vi piace o che non vi piace, lasciate un commento quì sotto! Buona serata a tutti! :)


- Ludovica Viola.

sabato 5 settembre 2015

Un articolo e basta.

"Non ho deciso di non dargli un titolo, è che non ce l'ha e basta."
È questo che mi è balenato in mente quando stamattina cercavo qualcosa di cui parlarvi.
L'articolo non ha nome come, quando ci guardano dall'alto, nessuno di noi ne ha. 

Palahniuk, molto celebre qualche anno fa, surclassato dal gusto del pubblico per il "più spinto" e "più avanti" realismo sporco di Bukowski, ha scritto quel che ora mi ha fatto pensare che, almeno per oggi, il titolo sarà superfluo:
“Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi.
A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
Oppure possiamo scegliere da noi.
E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito.”
Questa citazione è tratta da "soffocare", uno dei libri forse migliori che io abbia mai letto.
Posso passare la vita a farmi dire chi sono dal mondo. e a decidere di dover dare spiegazioni anticipate su quello che scrivo con un titolo ad effetto perché altrimenti non lo leggerete. Lasciare che i miliardi d'articoli scritti prima del mio decidano che non vale nulla.
Oppure scegliere io. Non dargli un titolo oggi. E incentivare la capacità di andare a fondo di chi non si è lasciato bloccare da un titolo che non c'è.
Tre quarti dei ragazzi d'adesso decantano d'avere il mare dentro, che devi sfogliare pagine del loro libro per sapere chi sono, come sono, e quando c'è l'alta marea e la tempesta e il mare calmo. Ma nessuno si preoccupa di scrivere concretamente qualcosa su quel libro, come nessuno si preoccupa di affrontare il proprio mare.
Eppure, sarebbero gli unici in grado di farlo.
Non pretendo cose meravigliose, pretendo di pretendere tutti d'essere straordinari a modo nostro, nel nostro piccolo, sentendo noi stessi d'esserlo senza stare a decantarlo. Di non far scegliere alla storia se siamo buoni o cattivi. A lasciare che sia il passato a decidere del futuro. Oppure scegliere noi. E inventare qualcosa di diverso.

Perché “Forse ogni volta che facciamo un piccolo sforzo ci stiamo allenando per fare miracoli veri.”

E uno quando deve farli poi, "i miracoli", ci riesce talmente bene, che essere "uno" per chi guarda dall'alto non è più tanto importante. È importante essere. 

E cercare di farlo ogni giorno è il miracolo più grande che un uomo possa compiere al giorno d'oggi. 


Ma è soltanto un articolo senza titolo. Senza pretese. Un articolo che ho deciso fosse un articolo e basta.

- Alessandra Bartolomei.



giovedì 3 settembre 2015

Siate liberi di essere belli

"[...] 'Beauty is truth, truth beauty,'—that is all 
Ye know on earth, and all ye need to know."
(J. Keats)

Buonasera cari lettori la scorsa volta ci siamo lasciati accattivare dal mondo ricco di sfaccettature di Egon Schiele.
Quest'oggi pensavamo di parlare di qualcosa di molto vicino alla nostra società: la concezione di 'bellezza'.
Cosa ci fa affermare che qualcosa sia bello? E quando lo è realmente? La bellezza è solo apparenza o anche sostanza?
Fondamentalmente quando riteniamo qualcosa 'bello' , il più delle volte, lo facciamo perché la società moderna impone dei canoni secondo cui andiamo a delimitare la vera e propria essenza della bellezza stessa.
Al giorno d'oggi per essere considerato 'bello' bisogna avere caratteristiche ben definite, ad esempio è necessario entrare in una taglia 38, avere lo spazio tra le cosce, riempirsi di trucco, seguire mode che non si limitano più al vestiario. Anche leggere, anche il linguaggio, anche il rapportarsi ad altri sta cominciando a diventare un 'qualcosa da seguire a occhi chiusi'.
Ma perché non ci fermiamo un attimo a pensare che tutto ciò non porta a nulla se non all'annullamento di noi come individui in grado di cogliere e di avere un proprio concetto e sentimento di bellezza?! Forse perché dovremmo rompere con schemi. Forse perché è più facile adattarsi. Forse perché ci sono troppi 'forse'.
Mark Ryden, un artista contemporaneo degli Stati Uniti che ha disegnato le copertine di album famosi per grandi cantanti o gruppi (copertina dell'album di Michael Jackson 'Dangerous', copertina e l'intero libretto dell'album 'One Hot Minute' dei Red Hot Chilli Peppers), propone una critica al sociale sotto forma di quadro:




Effettivamente rispecchia perfettamente ciò che stiamo diventando: persone che aspirano a modelli imposti. Succede ogni giorno quando diciamo che prima o poi ci metteremo a dieta,  succede quando ripetiamo che andremo in palestra, quando entreremo per forza in quel vestito così corto e stretto. Con ciò non vogliamo criticare il 'cercare di migliorare se stessi', ma il farlo perché la società ci fa' sentire costantemente in difetto.
Questa bambina, inginocchiata di fronte alla Barbie, sta piangendo. Tuttavia cosa ha che non va? Nulla. Fino a prova contraria 'La bellezza sta nell'occhio di chi guarda'. Non c'è bellezza più bella di quella che l'occhio sappia cogliere. Ed è cosi che si scopre che essa non si trova nelle apparenze, ma in ciò che si cela. La capacità di saper trasmettere qualcosa, il silenzioso movimento che crea armonia...ecco cosa realmente è il 'bello'.
Keats afferma che ci son due tipi di bellezze che vanno a regolare l'esistenza e il mondo: Spiritual beauty e Physical beauty. La prima non è legata né a tempo né a spazio. Essa esiste, è eterna. Al contrario, la seconda risulta legata alla condizione umana: limitata e finita.
Ma non pensate che la vera concezione di bellezza dovrebbe scindere dalla nostra natura?
Essere 'belli' non è solo legato all'apparire, ma sta nel saper trasmettere qualcosa. Come l'arte, come noi. In fondo anche noi siamo arte, basta prenderne consapevolezza. Ognuno di noi ha delle caratteristiche che lo rendono speciale, fuori dagli schemi. Perché dover sopire quei lati?! Solo per una stupida convenzione? Non siamo d'accordo.
Giorgione dipinse la famosa "Venere dormiente" rappresentando l'inconsapevolezza e l'innocenza di una donna bellissima.


 Osservandola meglio si arriva a rimanere incastrati tra i lineamenti della Venere. Lei non sa quanto sia bella. Lei non è cosciente di quanto sia in grado di togliere il fiato. Eppure non segue i soliti 'canoni estetici' e noi, ora come in futuro, siamo sempre senza fiato di fronte a lei. Ti fa quasi venir vogtlia di urlarglielo quanto effettivamente sia magnifica. Ma non ci sono parole. E' arte. E' silenzio. E' un sorriso accennato con tenerezza.
Completamente differente risulta "La Vendere di Urbino" composta da Tiziano.



Lei lo sa. Questa Venere è perfettamente conscia di quanto sia bella ed è proprio questo a renderla fine a se stessa. Guarda col suo sguardo fiero, quasi a sfidarti, a volerti intimorire. Ma questa è paura di non essere all'altezza o piena consapevolezza di sé?! Molto spesso le persone che ci sembrano più sicure di loro son le prime ad aver paura di non essere accettati dalla società che continua a mantenerci legati a standard talvolta troppo stretti. Abiti non nostri. Pensieri non nostri. Concezioni non nostre.
Ognuno è bello a modo suo. Mostratevi per ciò che siete, parlate di ciò che amate, non ci sono occhi più belli di quelli di chi discorre di ciò che gli toglie il fiato. Non sono gli occhi chiari, scuri. Sono gli occhi di chi ama forte, di chi parla le ore di ciò che ama. Quelli sono occhi belli. Siate liberi. Siate liberi di mostrarvi per ciò che siete. Siate arte a modo vostro.


Con affetto, alla prossima!


Silvia Bottero, Claudia della Monica

lunedì 31 agosto 2015

Le migliori serie tv del 2015

Il 2015 con l’avvento di Netflix è diventato l’anno delle serie tv. C’è stato infatti l’esordio di decine di serie tv molto interessanti , ecco a voi la nostra classifica.


5. Unbreakable Kimmy Schmidt
L a serie segue le vicende di Kimmy Schmidt , una ragazza sequestrata da una setta religiosa e liberata 15 anni dopo che si trasferisce a New York per cominciare una nuova vita. Prodotta da Tina Fey , è una commedia brillante e divertente che racchiude in sé tutti i tipici clichè sulla città di New York . Ottima l’interpretazione di Ellie Kemper .


4. Raised by Wolves
Prodotta da Channel 4 parla di una famiglia disfunzionale  , pazza ed eccessiva ( avete presente Shamless ? Triplicatelo ) dove i figli sono cresciuti ‘’ dai lupi’’. I personaggi principali sono le due sorelle maggiori Aretha e Germaine  diverse non solo fisicamente ma anche caratterialmente , la prima introversa , magra e rossiccia , l’altra iperattiva e robusta; e la matriarca Della , una donna piena di sé e con un atteggiamento mascolino. Consigliato a chi è amante del black humor.


3.Odd Mom Out
Ispirato alle vicende di Jill Kargman , la serie tv mostra in una chiave ironica e anche un pizzico pungente la ricca classe dell’Upper East Side di New York  , protagoniste sono le bellissime e trendy mamme newyorkesi , così ricche e belle che Jill si ritroverà ad essere la pecora nera del gruppo.


2. Mr Robot
Targata USA Network , la serie è incentrata sul giovane Elliot un programmatore e impiegato presso un’azienda di sicurezza informatica , che dopo essere riuscito ad arginare un attacco informatico , viene contattato da un gruppo segreto di hacker il cui fine ultimo è quello di attaccare e distruggere la Evil Corp. La Evil Corp è simbolo di critica verso tutte quelle corporazioni che si arricchiscono sfruttando i cittadini e illudendoli con la prospettiva di un futuro migliore. Una serie tv innovativa e sempre in bilico su ciò che è lecito e non.


1.Outlander

Tratto da una saga letteraria scritta da Diana Gabaldon , narra le vicende di Claire Beauchamp , un’infermiera di guerra sposata con lo storico Frank Randall. I due decidono di partire ad Inverness , per recuperare il loro rapporto , ma durante una visita al cerchio druidico di Craigh na Dun , Claire viena catapultata nel 1743 , periodo storico caratterizzato dalla ribellione delle truppe scozzesi alle invasioni delle truppe inglesi. E’ in quest’epoca che conoscerà Jamie Fraser , un giovane guerriero che l’aiuterà a ritornare alla sua epoca. Scenografie pazzesche , i paesaggi scozzesi arricchiscono ancor di più quest’emozionante serie , buoni gli attori , perfetta soprattutto la chimica tra i due protagonisti .  


- Maria Torromeo

venerdì 28 agosto 2015

Ridatemi il dettaglio d'un sorriso.

Quando ti affacci dalla finestra, cosa vedi? In una strada affollata, stracolma di esseri umani immersi nella loro quotidianità, cosa noti?
Passeggiando tra le aiuole e i marciapiedi coperti da sigarette e siringhe, a cos'è che pensi?
Sono domande a cui non trovo risposta.
Sono troppo impegnata a pensare a irrecuperabili quesiti e interrogativi ormai insanabili e smarriti.
Voglio riconquistare il tempo, voglio riprendermi lo spazio e riciclare tutta la materia sprecata e consumata da dilemmi e dubbi.
Non voglio che tutto rimanga un'incognita, non sono una persona spronata da insignificante superficialità. Io non sono superflua.
Voglio solo sedermi su una panchina e tastare il legno da cui è composta e notare il "Mamma!! io non voglio andare a scuola domani!" Di un bambino iperattivo e vivace, una casalinga che :" Stasera venite a cena da noi? Cosa portate?" Alla coppia di amici senza figli.
Voglio scorgere sorrisi scolpiti sui visi, il disappunto delle anziane signore ai tavolini del bar alla vista di una dodicenne in minigonna, udire l'urlo di un neonato in carrozzina e le risate isteriche di un gruppo di amiche.
Voglio percepire tutti i suoni e fonemi, gli odori e gli aromi delle piazze che visito.
Tutto ciò che facevo una volta, prima che mi trovassi occupata a sentire tutto il male del mondo, che, ha reso ciechi tutti i miei sensi.
Mi ha trasformato in un automa che contribuisce alla mestizia e all'angoscia di questo pianeta.
Reclamo, con gentilezza, sorrisi e cordialità per sbiadire questa 
macchia nella mia mente.

-Marina D'Avello

lunedì 24 agosto 2015

L'arte appartiene all'eternità

"Nessun opera d'arte erotica è una porcheria, quand'è artisticamente rilevante, diventa una porcheria solo tramite l'osservatore, se costui è un porco."

(Egon Schiele - "Ritratto d'artista")


Buonasera cari lettori!
l'ultima volta ci siamo lasciati con una riflessione che univa il concetto di "espressione artistica" a quello di "dolore".
Oggi desideriamo dedicare questo articolo a uno degli esponenti dell'Espressionismo del primo '900: Egon Schiele.


Sebbene abbia avuto una breve esistenza, il suo talento sboccia sin dalla tenera età e lo porterà a divenire uno dei più grandi tra i grandi.
Ciò che va' a caratterizzare la sua vasta produzione artistica è la volontà di trasmettere, attraverso pennellate decise, corpi contorti, paesaggi spogli, il grande dissidio interiore che lo logorava.
Della sua sofferenza, Schiele ne ha fatto una forza. Fulcro del suo successo saranno tutta quelle serie di esperienze che lo andranno a caratterizzare come individuo nella storia.
Lo stile di Schiele richiama molto quello di Klimt sopratutto per l'interesse nei confronti dei corpi nudi e della sessualità maschile.
Egli concentra la sua attenzione artistica sulla figura umana, prendendo a modello sopratutto le donne che vissero con lui e ritraendole anche nei momenti più impensati (ritrasse l'ultima moglie durante l'agonia dovuta all'influenza spagnola).
La figura femminile viene vista come oggetto del desiderio, sebbene le donne ritratte indossino sempre un'espressione altera e sicura, che non trapela debolezze.
Le donne ritratte urlano nel silenzio della loro anima un senso di inadeguatezza nei confronti della società di cui son schiave.
 I colori son scuri, ben delineati, quasi a voler porre tutta l'attenzione dell'osservatore sul soggetto e basta.
L'ambientazione, spoglia e malinconica, funge da collegamento diretto con l'anima logorata e disperata dell'autore stesso. In questo modo va' ad apporre un'introspezione psicologica degna di nota, in cui ambiente e soggetto, sebbene ben delineati, entrano a far parte del medesimo meccanismo.
Ciò fa' sì che Schiele sia (implicitamente) presente in ogni sua opera e ne diventi un elemento sostanziale.
A questo punto si può affermare che non esiste più distinzione tra 'arte' e 'artista'. Non serve più. Essi sono strettamente necessari per la piena realizzazione di un qualcosa di più maestoso. Essi sono la chiave del magnifico.
Molto spesso, autori come Schiele (e più avanti vedremo ancora meglio con Klimt) vengono declassati e ridotti a 'pervertiti con disturbi'.
L'ossessione per il sesso, la voglia di superare questo tabù, il desiderio bramoso di averne ancora e ancora risiede, per la maggior parte, nell'occhio che si posa, superficalmente, sulla tela.
L'intento di Schiele non era atto all'aumento della masturbazione o del tasso dei segaioli (anche allora esistevano, non fate gli schizzinosi), ma quello di andare a criticare l'ipocrisia borghese e cristiana del tempo.
Era voglia di cambiare un meccanismo in una società mediocre, superficiale e prettamente falsa. Oggi come oggi, penso che sia più semplice, così come allora, catalogare tutto secondo considerazioni frivole e insensate. Tuttavia viviamo di magre illusioni. Tuttavia ci lamentiamo, e al tempo stesso non facciamo nulla.
Noi, personalmente, abbiamo imparato ad amare le opere di Schiele tardi, imbattendoci in una delle sue tele più famose: "L'abbraccio" (Gli Amanti).

 Ci colpì l'espressione della donna: arresa ai desideri di un uomo che sembra stia vivendo un'agonia lancinante. Lei è la vita a cui lui si avvinghia, la speranza di non morire, ma al medesimo istante, di farlo con accanto qualcuno.
Non stanno facendo l'amore. Non vi sono carezze, non emerge la piena unione dei due. Il loro abbraccio è un necessario e insaziabile attaccamento alla vita che sta scivolando via, silenziosamente. Tuttavia è soprattutto un allontanamento da essa, o se volete un estremo legarsi alla morte come se essa fosse finalmente 'riparo dai mali di vivere'.

"Tutto nella vita è morte; ogni atto ha un carattere di cessazione, di distruzione e più di ogni altro l'atto erotico: amare passionalmente, amare carnalmente, è un po' come morire."

Amare senza amore altro non è che vivere senza libertà di farlo realmente. L'amore di Magritte risultava platonico e ideale, Schiele sceglie di elevare l'amore nella sua essenza ultima: nella capacità di amare e di farsi amare. Senza il bisogno di censure, senza ipocrisie, ma nella maniera più umana possibile. Egli dipinge un concetto di amore eterno attraverso la rappresentazione della limitatezza dell'essere. Racchiude un sentimento infinito in un corpo destinato alla morte.
Ma la morte è forse la realizzazione più concreta di ciò che infondo è la vita. Essa è onnipresente all'interno del quadro, sia per i colori pallidi dei corpi, sia per quelli scuri dei capelli, sia per il lenzuolo che sembra voglia inghiottirli in una fine abissale, ma accogliente.
La paura e la voglia di morire di essi ci ha sempre lasciate attonite, come se non fosse necessario parlare: era tutto esattamente come e dove doveva essere. Ti ritrovi, di punto in bianco, a esser messo davanti alla tua condizione umana volta alla disgregazione e ti senti, per la prima volta, 'uomo'.


Schiele è stato il cambiamento che voleva vedere nel mondo.
Schiele, ancora prima di Gandhi, ha rotto gli schemi e ne ha dipinti di nuovi.
Schiele ha scelto di essere Schiele, grande tra i grandi.
L'arte di Egon ci rende liberi di perderci nell'infinito della nostra esistenza, di sentirci limitati, ci rende liberi di essere esseri umani in balia di emozioni che ci porteranno a dipingere il quadro della nostra vita.


Abbiamo deciso di cambiare impostazione rispetto agli articoli precedenti, in modo da renderli differenti, piacevoli e discorsivi. Speriamo vi sia piaciuto e abbia suscitato qualcosa, anche una piccola curiosità.
Non fuggite la realtà dei fatti, ma rendetela bella ai vostri occhi riuscendo a cogliere anche in qualcosa di terribile come la morte, un senso di rinascita.

Silvia Bottero, Claudia della Monica

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/arte/frase-64659?f=a:10421>

I ORIGINS – RECENSIONE



“Credo che noi due ci conosciamo da sempre, sai perché? Quando c'è stato il Big Bang tutti gli atomi dell'universo si sono uniti in un minuscolo puntino che poi è esploso. Quindi i miei atomi e i tuoi atomi erano sicuramente insieme, chissà, magari si sono uniti diverse volte negli ultimi tredici virgola sette miliardi di anni. I miei atomi conoscono i tuoi atomi, li conoscono sin dall'inizio. I miei atomi hanno sempre amato i tuoi atomi.”

Ian Gray , dottorando in biologia molecolare , incontra ad una festa in maschera una giovane modella , Sofi . L’incontro è fugace , ma gli occhi particolari della giovane fanno innamorare Ian , tanto che la cercherà (fino a trovarla) per tutta la città. Sette anni dopo Ian e Karen , la sua partner di laboratorio , fanno una scoperta che potrebbe mettere in crisi tutto il suo mondo.


Diretto da Mike Cahill “ I Origins” è un film complesso , un gioiello dei film di fantascienza d’autore. L’intera pellicola si sviluppa attorno al tema della contrapposizione tra fede e scienza , tra un universo scientificamente provato e un mondo basato su emozioni prive di logica. Una riflessione sull’uomo e sul suo modo di guardare le cose che stanno al di là della sua percezione . La scienza come ci mostra il film può essere il mezzo per arrivare all’obiettivo supernaturale , e non un modo per spiegare il fenomeno .Tuttavia se non conosco una cosa posso immaginarla , se una cosa è incredibile posso renderla credibile. Un film che per una volta riesce ad unire fede e scienza e a dimostrare quanto entrambe siano uno dipendente dall’altra.

Un film che non si dimentica facilmente , che dice e dà tanto. Supportata da una regia poco invadente e che riesce ad essere attenta ai temi affrontati . Ottima la fotografia e azzeccata la scelta del cast . Consigliato per chi non si ferma mai alla superficie.

- Maria Torromeo


domenica 23 agosto 2015

La poesia, non è morta.


Volsi l'occhio intorno.
Era buio, 
le stelle scomparse con le mie preghiere
e Dio s'era dimenticato di me.
Sentivo freddo 
e, a compagnarmi, avevo i latrati lontani 
dei cani da caccia che annusavano le volpi 
con rabbia.
Le tegole del tetto dov'ero 
svanivano da sotto i miei occhi, 
inghiottite da una notte 
che per la prima volta, 
dopo tante che mi aveva cullata,
m'era nemica.
Non scorreva più il tempo, 
rimanevo ferma instabile,
a pochi minuti dopo scoccate le tre.
Mi tastavo le vene 
senza sentir nulla più che niente 
e le campane non rintoccavano più, 
se non a morto.

- Alessandra Bartolomei

In memoria d'un uomo normale come noi tutti della cui esistenza nessuno saprà mai nulla più di chi gli fu affezionato.

Cultura è anche ricordare che esistono eroi a cui non viene attribuito nessun onore pubblico, speriamo.

sabato 22 agosto 2015

Van Tassel, Solganda e l' Integratron.

George Van Tassel, il 24 agosto 1953 fu svegliato da un alieno.
Aveva sembianze umanoidi, indossava una tuta grigia e si rivolse a lui «in un perfetto inglese», come Van Tassel riferì anni dopo durante un’intervista.
L’alieno gli disse di chiamarsi Solganda, di avere circa 700 anni e provenire da Venere.(il codice fiscale se l'era dimenticato a casa).
spiegò a Van Tassel che, lì vicino a Landers, l'attendeva l'astronave di cui era capitano e lo invitò a salire a bordo. Solganda gli rivelò che i metalli che gli umani usavano per la costruzione di edifici interferiva pesantemente con le loro frequenze radio e stava disturbando ''il flusso di pensieri interplanetario''.
A quel punto Solganda gli consegnò il progetto per costruire una struttura che al proprio interno avrebbe sospeso la legge di gravità, esteso la durata della vita umana e agevolato i viaggi nel tempo. Solganda se ne andò e Van Tassel non lo rivide mai più.
All’epoca Van Tassel aveva 43 anni e si era trasferito a Landers con la sua famiglia sei anni prima. Il paese si trova all’interno del deserto Mojave e lì, aveva preso in gestione un piccolo aeroporto. In precedenza aveva lavorato come ingegnere aeronautico per alcune società americane, prima di decidere di trasferirsi a Landers.
L’edificio che Van Tassel costruì con le istruzioni dategli da Solganda,fu concluso circa vent’anni dopo. Realizzò l’edificio quasi interamente in legno (regalotogli da un suo ex datore di lavoro, si dice) e finanziando la sua costruzione con svariate donazioni. Lo chiamò “Integratron” e spiegò che era «un generatore elettrostatico ad alto voltaggio che avrebbe rifornito un gran numero di frequenze al fine di ricaricare la struttura cellulare». In pratica, la fonte della giovinezza degli anni 80.
L’edificio fu costruito a forma di cupola, e pitturato di bianco: era alto circa 11 metri e aveva un diametro di quasi 17 metri. Sulle pareti della struttura furono costruite 16 finestre rettangolari. All’interno una struttura in legno formava una specie di cupola, mentre il pavimento era quasi lucido. Fuori, attorno, non c’era praticamente nulla.

Van Tassel morì nel 1978 a poche settimane dall’inaugurazione ufficiale dell’edificio, lasciandolo incompleto. Il sito ufficiale dell' Integratron spiega che «i macchinari di George Van Tassel, i suoi appunti e i suoi schemi scomparvero poco dopo la sua morte, e non sono ancora stati ritrovati. La cartella che l’FBI ha messo insieme su di lui è ancora top secret». A causa dei debiti, la sua seconda moglie fu costretta nel 1986 a vendere la struttura per 50mila dollari.
L’Integratron fu acquistato da Emile Canning e Diana Cushing, che lo aprirono al pubblico. Fu così che L'integratron, qualunque cosa avrebbe dovuto essere secondo Solganda e Van Tassel, divenne una specie di meta per appassionati di avvistamenti UFO e sessioni meditative.

- Alessandra Bartolomei